La legge 62/2000 (parità scolastica) compie 25 anni. In occasione dell’anniversario la FISM Emilia-Romagna ha organizzato un convegno pubblico, in programma lunedì alle ore 10, a Bologna presso l’Aula Magna della Regione Emilia Romagna (Viale Aldo Moro 30 – piano terra). Sarà un confronto con il contributo delle principali componenti coinvolte: le Federazioni delle scuole e dei genitori, Stefano Versari (già direttore regionale e nazionale del Ministero Istruzione), Bruno Di Palma (direttore dell’USR), Isabella Conti (assessora Regione Emilia-Romagna), Marwa Mahmoud (referente ANCI regionale). Al presidente nazionale della FISM, Luca Iemmi, spetterà il compito di concludere.
A Stefano Versari, già Capo Dipartimento del Ministero dell'istruzione e Direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale per l'Emilia-Romagna, abbiamo chiesto qualche anticipazione.
Come si è arrivati alla legge 62/2000?
La nostra Costituzione fin dal 1948 introduce all'art. 33 la previsione di una legge che, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
La legge è rimasta una chimera per 52 anni, causa veti ideologici e politici. L'attesa della legge di parità ebbe fine al termine degli anni novanta del secolo scorso in circostanze inizialmente fortuite. L'allora maggioranza parlamentare – Ministro dell'istruzione Luigi Berlinguer - non ritenne di potere discutere una proposta di legge dell'opposizione e presentò un proprio emendamento sostitutivo (un unico articolo di diciassette commi), che fu approvato senza revisioni. La previsione dei Costituenti diveniva finalmente legge n. 62 del 10 marzo 2000 “Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione”. Un risultato storico, anche in ragione del mezzo secolo di attesa e degli ostacoli superati. Altri ne rimanevano.
Quale fu l’impatto?
La legge è nella sostanza rivoluzionaria, perché istituisce il sistema nazionale di istruzione, costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali. Un unico sistema scolastico in cui coesistono tre tipologie di scuole, con caratteristiche fra loro fortemente differenziate. È la valorizzazione del pluralismo culturale e della possibilità, anche del gestore privato, di perseguire l'interesse pubblico nell'istruzione. Come in qualche modo già accadeva nella formazione professionale e nella Sanità.
C’erano problemi irrisolti?
La criticità insita nella Legge era che, nella sostanza, veniva approvata la cosiddetta “parità giuridica” ma non quella economica. Ardua rimaneva la libertà di scelta delle famiglie, permanendo rilevanti condizionamenti economici. Non sbagliò chi ipotizzò annuali defatiganti discussioni in sede di legge di Bilancio per approvare stanziamenti adeguati a sostegno della possibilità delle famiglie di scegliere le scuole paritarie (in prevalenza comunali e private senza fine di lucro).
Cosa si può fare per migliorare la legge?
L'esperienza mi spinge a suggerire di intervenire solo minimamente sulla legge 62/200, che in questi decenni ha “tenuto”. Il tema della “parità economica” meglio sarebbe fosse oggetto di un nuovo e diverso intervento legislativo, che andasse ad affiancarsi alla “parità giuridica” introdotta dalla legge 62/2000. Utile sarebbe poi un intervento legislativo del Ministero dell'Università e della Ricerca, per incrementare la disponibilità di docenti utilizzabili a pieno titolo sia nei servizi educativi (0-3) che nelle scuole paritarie (3-6). Per sostenere queste istanze, sarebbe utile la condivisione delle associazioni di rappresentanza delle scuole paritarie, dell'Anci e della Regione. Per costruire diffusa unità d'intenti a sostegno della scuola e della formazione, pilastri per il futuro del nostro Paese.
Stefano Andrini
Racconta Claudia Ventura, insegnante e pedagogista FISM: "Mi sono ritrovata a bere uno Spritz con alcuni amici più giovani di me, al termine di una loro giornata di sci. Ho chiesto come stessero andando sulle piste i loro figli di 4, 5 e 6 anni, essendo il loro primo anno con il maestro di sci"
Mi hanno raccontato sorridendo che il primo giorno che hanno lasciato i bambini al maestro, sono stati richiamati poco dopo perché piangevano.
“E poi ?” - Ho chiesto io.
Un babbo mi ha risposto: “Li abbiamo presi, sgridati e poi li abbiamo motivati, dicendo che imparare a sciare è bellissimo, che ce la potevano fare, che la fatica ne valeva la pena e il giorno dopo li abbiamo riportati”.
“E il maestro cosa ha detto?”- Incalzo io.
“Il secondo giorno il maestro li ha presi e i bambini ancora con qualche lacrima. Con una certezza ‘montanara’ di poche parole, ha detto loro: ‘I capricci non servono a niente! Anche io faccio fatica, ma noi siamo i guerrieri del re! Seguitemi‘ . E mi hanno raccontato che dal terzo giorno i bambini hanno tutti sciato serenamente con il maestro, felici e soddisfatti.
Poi mi hanno ‘drammatizzato ‘altre scenette tipiche: mamme che raccomandano al maestro di guardare il figlio, altre che dettagliano cosa devono mangiare al rifugio e cosa non devono mangiare … - e il maestro sorride a tutte dicendo ‘sì’ con la testa - … evidentemente dimenticandosi dopo due secondi di tutte le raccomandazioni (anche per il numero di bambini e la difficoltà di collegare i figli alle madri).
Mi hanno colpito diverse cose:
-il coraggio degli adulti di lasciare i figli piccoli (lasciare nel senso vero del termine perché il maestro, facendosi seguire, li portava fisicamente lontano dai genitori);
-la certezza e determinazione degli adulti di fronte a una cosa che ritengono bella per i figli, che non li ferma davanti alle lacrime o alle difficoltà;
-la semplicità di giudizio di fronte alla fatica: ‘Si fa perché ne vale la pena’;
-l’obbedienza e il seguire dei bambini davanti ad un adulto certo.
Questa è per me un’esperienza che questi bambini hanno fatto: non tanto l’aver imparato a sciare, ma il giudizio che ne emerge (sottinteso): nonostante la fatica, fidarsi è per un bene!
Ma se imparano questo sullo sci, quanto sarà più importante per i bambini avere questa posizione sulle questioni inevitabili e urgenti che la realtà pone?
Allora c’è ancora speranza, oggi, rispetto all’educazione… finché esistono ancora adulti così!
E chissà se anche noi insegnanti non abbiamo da riflettere sul lunghissimo, gradualissimo e progettatissimo ‘inserimento’ a scuola!
Bambini e genitori ce la possono fare! Basta stimarli e tifare per loro come fa il maestro di sci!
Claudia Ventura, insegnante e pedagogista FISM
La Psicomotricità Relazionale, metodo IIPR, ha sempre fatto parte della vita dell'Atelier dei Piccoli fin dagli albori, prima ancora di diventare un Nido e poi un Polo dell'infanzia. Insieme alle psicomotriciste abbiamo dato forma all'idea educativa che ci appartiene: il lasciare spazio e tempo ai bambini affinché possano esprimersi e apprendere, rimanendo accanto a loro senza invadere, senza sostituirsi ma come un porto sicuro dove attingere fiducia e rispetto dell'unicità di ognuno
Difficile da raccontare quanto semplice da vivere, si tratta di una proposta educativa-preventiva che promuove il benessere della persona nella sua globalità. Attraverso il gioco psicomotorio vengono stimolate le tre tipologie di gioco tipiche dell'età evolutiva: il gioco sensomotorio, il gioco simbolico e il gioco di socializzazione. La psicomotricista predispone un setting e propone una successione di materiali non strutturati, che possono essere investiti simbolicamente a seconda del bisogno di ognuno. Il gioco è fantasia ma le emozioni sono reali e, nella sicurezza del gioco, i bambini si sperimentano, scoprono le proprie risorse e il proprio potere. Gli obiettivi sono: riconoscere e gestire le emozioni, imparare a soddisfare i propri bisogni nel rispetto di se stessi e degli altri, imparare come rimanere in relazione nonostante il disaccordo, anche trovando il giusto modo per difendersi.
Da settembre abbiamo la fortuna di essere pian piano diventati un vero e proprio POLO PSICOMOTORIO. Ovvero, al nostro interno abbiamo i percorsi di psicomotricità del mattino, con i bambini iscritti al Polo Atelier, e quelli del pomeriggio, dopo l'orario scolastico, aperti a tutte le bambine e i bambini dai 2 ai 10 anni, divisi in fasce di età simili e aperti anche alle famiglie. Perché è molto bello poter crescere insieme, adulti e bambini, anche dopo la scuola, in un luogo sicuro e accogliente dove intraprendere insieme un percorso.
È possibile, dunque, trovare percorsi educativi di varie tipologie per rispondere alle diverse esigenze di bambini e famiglie, per scoprirsi e riscoprirsi, per divertirsi e crescere insieme:
- percorsi individuali
- percorsi di gruppo
- percorsi genitori e bimbi (individuali o di gruppo)
- percorsi per singolo nucleo familiare.
In tutte le diverse proposte, la Dada Ivy, la nostra psicomotricista, sarà sempre presente per creare il giusto setting, per accompagnare i distacchi dai genitori o per supportare il gioco e la relazione.
SONO IN PARTENZA i nuovi corsi!
Per informazioni e per fissare un primo colloquio, contattare direttamente Ivy al 3201419748.
Per i bambini che frequentano le scuole federate alla FISM e che si avvicinano a questa proposta per la prima volta, fino a giugno proponiamo uno sconto speciale del 10%.
Pamela Gioacchini-responsabile educativa Polo Atelier dei Piccoli
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